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Caccia ai colombi, una tradizione millenaria per il territorio Cavese

Storia Cavese

Il territorio di Cava de’ Tirreni, e in primis il verde che circonda la città, molto spesso passa inosservato, è soggetto ad incuria e disinteresse, ma il patrimonio artistico e culturale Cavese è ben più ampio e ricco di quanto possiamo immaginare.

È proprio il caso delle torri longobarde, ben trentadue, che da centinaia di anni sono presenti nel nostro territorio a controllare dall’alto la città metelliana a partire dal confine con Nocera superiore fino all’altro estremo di Cava.

Anticamente le torri vennero costruite per la caccia ai colombi, tradizione antichissima, che probabilmente fu importata all’incirca nel 900 d.C. dai Longobardi, l’unica traccia più antica di questa tradizione svoltasi per secoli è conservata nell’Abbazia della SS. Trinità nel documento Codex Diplomaticus Cavensis.

Caccia ai colombi, una tradizione millenaria per il territorio Cavese

La caccia ai colombi si svolgeva nei mesi di ottobre e novembre, quando gli stormi di colombi migravano verso sud alla ricerca di un clima più mite in previsioni della stagione invernale.

La caccia ai colombi si svolgeva con l’aiuto di tante persone, c’erano diversi compiti assegnati ad ogni cacciatore.

C’erano gli adocchia, cacciatori di guardia leggermente lontani dalle torri, che avevano il compito di avvistare gli stormi in arrivo.

In seguito alle loro segnalazioni, i cacciatori che erano nascosti in cima alle torri si preparavano a scagliare a grande distanza i Cauceruognoli, pietre dipinte di bianco che opportunamente lanciate in direzioni prestabilite riuscivano a far cambiare la direzione agli stormi, costringendoli ad incanalarsi in dei valichi, in fondo ai quali c’erano delle reti verticali a bloccare il passaggio.

Le reti potevano avere dimensioni anche di dieci metri per trenta, e che l’ammettetore (cacciatore addetto alle reti) dopo aver avvistato lo stormo a pochi metri lasciava cadere la rete sul suolo imprigionando i colombi.

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